Iraq: una immane dimostrazione di crudeltà, è questa la lezione

di civiltà e democrazia impartita dall'Occidente?

di Alberto Gil (trad. S. Antognoni, Peacelink)

Iman Ahmad Jamàs, ex direttrice dell’Osservatorio per l’Occupazione a Bagdad, viaggia in tutto il mondo raccontando quello che il popolo iracheno vive; desidera aprire gli occhi e le coscienze dell’occidente ed esige dar volto alle gelide cifre dei morti. Racconta una sola storia, quella di qualsiasi iracheno, incentrata sulla distruzione di un mondo e nello sconvolgimento della propria vita.

La Rai ha dato conferma, attraverso un suo servizio, di cosa sia successo a Fallaja. L'evento è stato testimoniato da il Vascello in tutti i dettagli -compresa la foto che mostra l'uso del fosforo bianco- in questa pagina attiva ormai da otto mesi e che vi consigliamo di rileggere, tutta intera. Lo sottolineiamo non tanto per rivendicare sterilmente uno scoop, che non ci interessa affatto, ma per rispondere a chi da otto mesi ci insulta e ci ha scritto che raccontavamo falsità e mostravamo dei fotomontggi. Quanto il nostro servizio sia tragicamente vero, lo possono constatare tutti, adesso. La RAI, governativa ha trasmesso l'8 novembre 2005 il documentario di 22 minuti realizzato da Sigfrido Ranucci. Il tutto su RaiNews 24.
Lo potete scaricare cliccando qui sotto. Si tratta di uno scaricamento "pesante", oltre 35 mega. Ma la consapevolezza e la verità richiedono il minimo sacrificio.
rainews24.rai.it
oppure:
rainews24
Sappiamo che il numero di soldati occidentali caduti in Iraq , ma conosciamo il numero di iracheni morti?

Prima dell’offensiva di Falluja un giornale inglese stimava che i morti iracheni negli ultimi due anni fossero circa 100.000. Tuttavia il numero reale è molto più grande. Noi, dall’Osservatorio di Bagdad, calcoliamo che, dall’inizio della guerra e dell’occupazione, il numero di vittime irachene è di circa 250.000. Stimiamo che nella sola offensiva di Falluja gli americani abbiano ucciso fra le 60 e le 90 mila persone nei due attacchi che hanno preparato. Nell’ultima settimana di attacchi la Croce Rossa ha registrato, proprio in questa città, più di 6.000 morti. La cosa più sconcertante è che, nonostante i nostri timori, non possiamo verificare queste cifre perché né le autorità statunitensi né i manutengoli iracheni che hanno preso il comando del paese hanno permesso che si facesse un secondo conteggio affidabile delle vitime della guerra e dell’occupazione. Tutti conoscono il numero dei solldati alleati che sono caduti in Iraq ma non possiamo sapere con certezza quanti nostri compatrioti sono morti, e impedire questo nuovo calcolo è già, di per sé, un crimine.

Di questa cifra, qual è la percentuale di civili uccisi?

La maggior parte delle vittime non facevano parte dei combattenti. Dei 250.000 morti di questa occupazione circa la metà sono donne o bambini mentre, fra gli uomini, la maggior parte erano civili. Tutte le famiglie del mio paese hanno una storia cruenta da raccontare e anche la mia è fra loro: gli americani hanno ucciso cinque membri della mia famiglia mentre in quella di mio marito tre. Il più piccolo aveva 13 ani quando fu ucciso e il più anziano era un medico di 60 anni. Ai marines non importò niente, spararono e basta...

Come reagisce il Paese?

La maggior parte degli iracheni e i partiti politici applaudono l’azione di difesa del paese e appoggiano questa lotta e quello che significa poiché dà dignità al popolo. Tuttavia deve essere chiaro che sostenere la lotta della resistenza non implica essere attivisti anche se i soldati degli Stati Uniti trattano tutti nello stesso modo, cosa che finisce per accrescere l’odio verso di loro.

Come si comportano ?

In maniera umiliante, brutale, crudele e razzista. Questa è un’occupazione militare e i soldati che vi partecipano odiano stare qui, si sentono frustrati, sono spaventati, e tutto questo sfocia nell’ira. Siamo noi civili che alla fine paghiamo le conseguenze della loro ira e della loro paura. Il loro comportamento è brutale: prima sparano e poi domandano. Il loro compito è terrorizzare i cittadini e lo fanno fino in fondo. Quando entrano in una casa la prima cosa che fanno è sparare a qualcuno e poi umiliano gli altri.



Nella foto l'azione devastante del fosforo bianco, usato contro i civili con le stesse modalità imputate a Saddam Hussein. Questa foto da Falluja è in linea su "Il Vascello2 da 8 mesi. Adesso la conferma di RaiNews.



Questo comportamento, sebbene in occidente non sveli tutta la sua crudeltà, cerca di trovare una giustificazione nelle immagini brutali che vengono mostrate come quelle delle decapitazioni, che vengono messe in relazione alla resistenza. Come vengono percepiti in Iraq questi atti?

Oggi in Iraq ci sono due gruppi differenti di omicidi politici. Il primo è quello che coinvolge i collaboratori per convinzione o necessità, ovvero sia quelli che collaborano con gli americani perchè li considerano una forza di liberazione sia quelli che, per vivere, hanno accettato lavori da servente.
Questi morti, in molti casi, vengono percepiti soprattutto come omicidi sebbene non abbiano l’appoggio del popolo iracheno. L’altro gruppo di persone uccise sono occidentali che sono venuti in Iraq per aiutare il popolo, e la cui morte brutale, come quella dell’inglese Margareth Robertson, è quella che viene esportata. La gente comune, così come i partiti islamici, condannano fortemente queste uccisioni e lo riflettono nelle loro dure dichiarazioni verso questi gesti o nella partecipazione dei loro leader per la liberazione di ostaggi come i tre giapponesi o le due ragazze italiane. Inoltre l’Islam proibisce di umiliare o insultare i prigionieri; tanto meno permette di ucciderli senza prima un processo. Coloro che lo fanno disprezzano totalmente gli iracheni.

Questo rifiuto tassativo che lei rivela mostra una realtà molto differente da quella che ci viene tradotta in occidente...

Che ci siano stranieri uccisi in Iraq è un fatto reale, ma quello che si dovrebbe chiedere la gente in questi paesi è chi li uccide; la resistenza?
La risposta è no. Coloro che lottano nella resistenza non considerano logico questo tipo di esecuzione perché va contro la loro immagine all’estero e limita i loro appoggi all’interno del paese. E se non sono loro la seconda domanda che dovrebbero farsi gli occidentali è quella che anche noi ci facciamo: perché non si cerca di capire chi siano gli autori di queste morti che stanno danneggiando così tanto il popolo iracheno? Perché gli Stati Uniti, la forza d’occupazione, non si fa carico di queste indagini?Io credo che chi stia dietro a queste morti è chi ne trae vantaggio...

Seguendo il suo ragionamento, un’immagine negativa della resistenza beneficerebbe solo le forze occupanti...

Lo ha detto. Il fatto è che in Iraq tutto è possibile per gli Stati Uniti; basta vedere quello che hanno fatto a Falluja senza che nessuno contestasse... 6.000 morti in una sola settimana...

Visto che le cose stanno così, che cosa ci si può aspettare dalle prossime elezioni ?

Solo altri problemi, prima di tutto perché molti pensano che le elezioni sotto un’occupazione straniera siano illegali, e secondo perché buona parte dei partiti più rappresentativi le biocotteranno davanti al clima di
insicurezza che si respira. Ci sono già stati attentati contro i collegi elettorali e diversi candidati sono stati uccisi. Ma c’è anche un’altra cosa da prendere in considerazione: le elezioni stanno aggravando i problemi etnici e religiosi minacciando di provocare scontri interni che potrebbero sfociare in una guerra civile.

Secondo lei è questo che gli Stati Uniti stanno cercando ?

Assolutamente, e fin dal primo giorno. Vogliono un Iraq debole diviso in tre zone per i Kurdi, gli Sciti e i Sunniti; inoltre alimentano gli scontri fra loro per indebolirli e stabilire il loro dominio.

Lettera di un soldato americano da Falluja “Questa non è una guerra, è una mattanza”

Un soldato americano in Irak, conosciuto come hEkLe, descrive l'orrore dell'attacco statunitense contro Falluja. La lettera è stata pubblicata su GI Special, un sito quotidiano che dà informazioni e notizie ai soldati americani ed alle loro famiglie e su Socialist Worker on line il 3 dicembre 2004

WSWS- Traduzione di Manuela Palermi, Indymedia

Sono giorni terribili per i militari statunitensi in Irak. Sembra che, ovunque si guardi, siano sempre più i soldati morti, feriti e mutilati negli scontri con i ribelli. La ribellione aumenta nelle città di Bagdad, Mosul e Baquba. La guerriglia è ben organizzata ed utilizza tecniche ed armi molto avanzate. Dopo la battaglia che ha lasciato Falluja completamente distrutta, i ribelli sono tornati, duramente determinati a vincere o a morire. Molti cominciano a pensare che non riusciremo a vincere questa guerra. Ma davvero qualcuno riteneva che la vittoria fosse possibile? Le forze militari statunitensi continuano a guadagnare terreno, ad ogni nuova frontiera uccidono una marea di civili e di ribelli. Eppure a Falluja i ribelli sono tornati come uno sciame di api inferocite, e attaccano con frenesia, violentemente.
Ero a Falluja negli ultimi due giorni dell'assalto finale.
La mia missione era diversa da quella dei valorosi soldati e marines impegnati nei combattimenti. Avevo una missione di scorta. Dovevo, accompagnato da un battaglione, proteggere un alto ufficiale nella zona dei combattimenti. Un ufficiale un pò fanatico. Se ne stava lì, arrogante, a guardare l'ultima battaglia, e sembrava uno spettatore durante gli ultimi minuti di una partita di calcio. Una volta arrivati al Campo Falluja, occupato dai marines, ci siamo accorti che gli spari dell'artiglieria erano diretti verso la città. Il tipo si è dato immediatamente un gran da fare per avere un ruolo attivo nella battaglia che avrebbe ridotto Falluja in cenere. C'erano state voci su di lui. Si diceva che quel che voleva era tenere la mano sul fucile, dimostrare a tutti che lui era il cowboy più duro dell'est dell'Eufrate. Di individui simili ce ne sono un sacco nell'esercito: militari di carriera che hanno passato i primi vent'anni di servizio pattugliando il Muro di Berlino o proteggendo la zona smilitarizzata tra la Corea del Nord e del Sud. Tipi di ufficiali che potrebbero aver combattuto durante la prima Guerra del Golfo, anche se la maggior parte di loro ha passato il tempo sparando contro i “rag heads"(1).
Questi tipi con l'aria dura ed il grilletto facile hanno vissuto gli ultimi due decenni di Guerra Fredda con una frenesia bellica che poi, quando la guerra è finita, gli ha lasciato un vuoto drammatico. Ma adesso c'è la Nuova Guerra, l'"Allerta Rossa” senza fine, piena di azione, nella quale la minaccia comunista è stata rimpiazzata dalla “guerra contro il terrorismo”. I soldati più giovani, quelli che sono cresciuti in tempi relativamente pacifici, pensano che per questi tipi essa rappresenti una sorta di compensazione per le opportunità perdute. Ma per la generazione maggiore, quella col grilletto facile, è la vera, grande opportunità: l'occasione per mettere infine in pratica l'addestramento tenuto dagli anni settanta in poi e tutti i giochetti fantastici che gli hanno insegnato per qualcosa di tangibile, di utile... Finalmente era arrivata l'ora.
Al fronte erano state stabilitate alcune regole di sicurezza, sintomo che il combattimento in città era intenso. I veicoli più leggeri che venivano fatti passare erano i carri armati Bradley. Il comandante, dopo aver dato un'occhiata ai nostri Humvees blindati, ci ha detto che non stavamo messi bene. Gli Humvees blindati sono massicci, praticamente impenetrabili al fuoco di armi di piccolo calibro, ma non resistono bene come un carro armato pesantemente blindato agli attacchi dei missili ed alle bombe. Le informazioni dalla zona di guerra parlavano di forti attacchi di missili e di un'insurrezione armata che agiva in ogni vicolo alla ricerca di obiettivi facili. Il comandante ha detto al nostro super entusiasta ufficiale di non entrare nel settore con i camion perché nelle ore buie sarebbe stato suicida. Gli ha suggerito di entrare in azione ed “ispezionare i danni” la mattina dopo, una volta finiti gli attacchi aerei.
Intanto il sole aveva lasciato il posto ad un nebuloso orizzonte rossastro e l'artiglieria continuava a martellare quel poco che era rimasto in piedi della devastata Falluja. Durante la notte sono arrivate molte unità. Era in preparazione un attacco aereo senza precedenti che sarebbe potuto durare fino a 12 ore.
Il nostro gruppo si trovava sopra il parcheggio degli Humvees. Fornivamo le mitragliatrici e sorvegliavamo la città alla ricerca di attività nemica. Si supponeva che quella fosse un'area di operazioni abbastanza sicura, proprio al confine della zona dei combattimenti. Tuttavia non c'era nessuna protezione, soli alcuni carri armati posizionati qua e là, e se chi era di guardia non avesse fatto attenzione ai più piccoli dettagli sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa. Un soldato mi ha detto che solo due notti prima avevano sorpreso un ribelle che girava attorno. Era armato. Uno dei carri armati lo aveva visto e lo aveva fatto a pezzi. Certo, ci sentivamo abbastanza sicuri da fumarci una sigaretta, ma dovevamo stare molto attenti a quel che succedeva attorno se la mattina dopo volevamo essere ancora vivi. Sul finire della sera, mentre l'artiglieria continuava a sparare, una danza macabra ha illuminato il cielo: erano arrivati i cacciabombardieri ed avevano dato il via ad un grandioso spettacolo di massicci attacchi aerei. Ad ogni bomba, ad ogni sparo d'artiglieria, il cielo illuminava la ferocia e la distruzione. Prima si vedeva un lampo all'orizzonte, come se un fiammifero fosse caduto in un deposito di dinamite, poi un'esplosione tremenda che ti scuoteva il corpo, ti faceva uscire gli occhi dalle orbite e ti colpiva lo stomaco come un pugno. Le bombe venivano lanciate a non più di cinque chilometri di distanza, ma era come se ti arrivassero dritte in faccia.

All'inizio era impossibile non sobbalzare ad ogni boato, ma dopo diverse esplosioni, tutte fortissime, abbiamo cominciato ad abituarci, quasi ad accettarle. A volte gli aerei volavano basso, rombavano sopra città, poi aprivano il fuoco di missili più piccoli ma estremamente precisi. Era proprio lo spettacolo che mancava al nostro Top Gun, sempre più inorgoglito ed entusiasta degli straordinari effetti sonori. I missili ruggivano sinistri, come un fuoco d'artificio in una bottiglia piena di plutonio, poi non si sentiva più niente. Pochi secondi ed una colossale esplosione sconquassava l'aria: a terra restava devastazione, grida e terrore. Poi era la volta dell'artiglieria: sparava fosforo bianco, il napalm dei nostri giorni, che mandava lampi di luce. Qualche volta, vicino all'area del bombardamento, si sentivano i carri armati sparare con le mitragliatrici ed i cannoni. Era incredibile che qualcuno potesse sopravvivere ad un simile attacco. Presto, via radio, è arrivato l'ok alla richiesta delle “revienta-bùnkeres"(2). Pareva che l'artiglieria non riuscisse a penetrare tra alcune ridotte di ribelli. Non sapevo quando le “revienta-bùnkeres” sarebbero state utilizzate. Più tardi mi hanno detto che le tremende esplosioni venivano da loro, da quei missili del tipo “soluzione finale”.
Dal mio Humvee ho continuato per tutta la notte a guardare l’assalto finale contro Falluja. Esaminavo i vasti cieli con gli occhiali per la visione notturna. Per tutto il tempo della battaglia una serie di elicotteri d’attacco hanno continuato a volare in tondo sopra la città. I più devastanti, con i lanciamissili in serie, erano i Cobras e gli Apaches. Grazie alla visione notturna, potevo vederli mentre giravano sopra la carneficina, esaminando il terreno con i raggi infrarossi che sembravano avere un raggio di chilometri. Una volta avvistato l’obiettivo, risuonava una rapida serie di spari e dal terreno arrivava un ra-ta-ta, come una catena ordinata di petardi.
Ancora artiglieria, ancora carri armati, ancora tiri di mitragliatrici, ancora bombardamenti spaventosi che radevano al suolo la città di una volta... non era una guerra, era una mattanza! Se ricordo quegli attacchi aerei, che sono durati fino alla mattina dopo, non posso non sorprendermi di fronte alla moderna tecnologia e non posso non essere nauseato per l’uso che se ne fa. Molte volte mi è capitato di pensare che mentre la resistenza di Falluja combatteva valorosamente con le armi arcaiche della Guerra Fredda, noi volavamo alto sulle loro teste lanciando la furia dei Thor, di un potere distruttivo e di una precisione da guerra nucleare.
Era come se gli iracheni stessero combattendo con un bastone contro i carri armati. Eppure, malgrado tutto, la resistenza continuava, molti hanno combattuto fino alla morte. Che determinazione!
Alcuni soldati dicono che i ribelli sono stupidi perché pensano di avere una probabilità di sconfiggere l’esercito più potente del mondo. Io li considero valorosi. Non combattono per una vittoria immediata. E cosa volete che valga una vittoria convenzionale in una guerra non convenzionale! E’ del tutto evidente che questa guerra non è più nelle mani degli Stati Uniti.
Abbiamo ridotto Falluja in polvere. Abbiamo gridato vittoria e detto al mondo che Falluja era sotto il nostro totale controllo. I nostri militari hanno dichiarato che le vittime civili erano state poche e che i ribelli morti erano stati migliaia. La CNN e la Fox News hanno strombazzato che la storia avrebbe considerato la battaglia di Falluja un successo straordinario, testimonianza della supremazia degli Stati Uniti nelle guerre moderne. Eravamo tutti sicuri che la situazione fosse sotto controllo e già cominciavamo a concentrare la nostra attenzione su un’altra città difficile: Mosul.
Ma, passata la tempesta, mentre i generali se ne stavamo comodamente seduti nei loro uffici a fumare ed a celebrare la vittoria, le linee del fronte a Falluja sono state nuovamente prese d’assalto: i ribelli attaccavano le forze degli Usa e della coalizione con mortai, fucili ed armi leggere. Siamo dovuti tornare a Falluja.
Il Dipartimento della Difesa e la stampa nazionale mentivano quando hanno parlato di un’altra vittoria della guerra preventiva? Non necessariamente. Convenzionalmente, avevamo vinto noi: chi avrebbe potuto negarlo? Avevamo distrutto tutta la città ed ammazzato migliaia e migliaia di persone. Ma il punto vero - non sufficientemente compreso dai militari e dalla gente - è che questa è una guerra di guerriglia. Totalmente. Alcune volte mi chiedo se gli ufficiali di West Point abbiamo mai studiato l’intricata e semplice efficacia della guerra di guerriglia. Mi è capitato di chiedere a tenenti e capitani se hanno mai sentito parlare della Guerra di Guerriglia del Che Guevara. Quasi la metà di loro mi ha risposto di no. Incredibile! Dovremo far fronte, forse per anni, ad una guerra di guerriglia, e la direzione militare non sa neanche che cosa sia! Qualsiasi persona può dirti che un guerrigliero è uno che utilizza tecniche di attacchi a sorpresa nell’intento di battere una forza convenzionale più forte.
Ma quel che è importante, in una campagna di guerriglia, è la passione politica che la motiva. Durante la storia sono stati molti gli eserciti guerriglieri che hanno avuto successo, compreso il nostro stesso paese nella lotta per l’indipendenza. Dovremmo aver imparato la lezione sulla guerra di guerriglia trent’anni fa, durante la guerra del Vietnam, ma la storia ha uno strano modo di ripetersi. La guerra del Vietnam fu un esempio perfetto di come attacchi rapidi e letali, contro truppe convenzionali, possano nel lungo periodo rendere la guerra impopolare tra l’opinione pubblica, e questo ne determina la fine. Che Guevara nel suo libro Guerra de Guerrillas ha scritto che l’elemento più importante in una campagna guerrigliera è l’appoggio popolare. Se riesci ad averlo, la vittoria è quasi assicurata. In questo senso gli iracheni sono già sulla buona strada. Non solo hanno un rifornimento apparentemente senza fine di munizioni e di armi, ma anche il vantaggio di muoversi nel loro ambiente, si tratti di un mercato o di un fitto campo di palme. I ribelli iracheni hanno utilizzato al massimo questi vantaggi, ma il vantaggio più importante, più rilevante, è l’appoggio popolare. Quel che i militari ed il governo degli Usa dovrebbero capire è che ogni nostro errore va a vantaggio dell’insurrezione irachena. Ogni volta che un uomo o una donna o un bambino vengono assassinati da un’azione militare, sia essa deliberata o no, l’insurrezione si rafforza. Persino quando un civile innocente muore per mano dei combattenti ribelli, ad essere ritenuta responsabile sarà la forza occupante. I ribelli continueranno ad essere considerati combattenti del popolo.
Tutto in questa guerra è politica... ogni imboscata, ogni attentato, ogni morte. Quando un lavoratore od un soldato della coalizione vengono sequestrati e giustiziati, il popolo iracheno ne ha un senso di giustizia, mentre gli occupanti restano in preda alla furia ed allo sconforto.
Alla nostra perdizione contribuiscono anche i media. Ogni volta che rivelano un’atrocità, il nostro dominio su questa nazione che un tempo è stata laica svanisce. Con il tempo aumenta negli Usa l’inquietudine della popolazione per le immagini di morte violenta dei suoi figli in armi e le giustificazioni del governo nel continuare questa sanguinosa catastrofe diventano sempre più deboli. Sono gli errori inevitabili del potere convenzionale, per questo la campagna di guerriglia avrà un successo certo. La distruzione delle forze armate Usa è impossibile, ma l’insurrezione, con la sua tenacia, finirà per cacciarci. Sarà questo l’inevitabile risultato della guerra.
Abbiamo perso molti soldati nella battaglia finale di Falluja e molti ancora sono stati seriamente feriti. Abbiamo devastato quella città solo per tenerla sotto controllo. Che senso ha che tanti soldati continuino a morire solo per continuare a tenerla sotto controllo?
Non posso dimenticare lo sguardo di un soldato americano quando gli ho chiesto della guerra. Mi ha raccontato storie di sangue e di morte violenta da far accapponare la pelle. Lui e il suo battaglione hanno fatto sacrifici infiniti. Hanno combattuto tutti i giorni, senza mai dormire, senza mai un pasto caldo. Non hanno neanche avuto il tempo di mandare un telegramma ai genitori per dirgli che stavano bene. Alcuni del battaglione dovranno ora andare da quelle famiglie a dirgli che i loro ragazzi sono morti. Lo sguardo del soldato, mentre parlava, era profondo e sconsolato, profondamente turbato. Mi ha descritto nel dettaglio di alcuni iracheni uccisi dai bazuca dell’esercito, di altri cui le pallottole di calibro 50 hanno fatto volare via la testa, di altri schiacciati dai carri armati. Mi ha raccontato di uno dei suoi compagni più bravi, morto proprio davanti a lui. Stava nascosto dietro al muro di una stradina. Quando è uscito per sparare gli hanno tirato una granada nella pancia. Alcune schegge hanno colpito la coscia del mio interlocutore. Mi ha mostrato la carne bruciata. Poi, quando ha finito il suo racconto, mi ha detto che lui era solo un ragazzo un pò tonto della California, che non aveva mai pensato che entrare nell’esercito significasse andare dritto all’inferno. Mi ha detto che si sentiva più sporco del diavolo e che voleva solo farsi una doccia. Se n’è andato lentamente, con il fucile sotto il braccio”.

1. Teste con turbante, un modo statunitense di chiamare gli arabi

2. Si tratta di bombe laser che pesano più di due chili e penetrano cinquanta metri sotto terra prima di provocare esplosioni devastanti


Un eccezionale servizio fotografico: le immagini che vi sono state tenute nascoste sull'orrore di Fallujah




Se la battaglia di Falluja è finita, come sostengono i comandi americani, perché mai le autorità di occupazione non permettono alla «Mezzaluna rossa irachena» e alla «Croce rossa internazionale» di portare aiuti e istituire presidi sanitari all'interno della città? Perché la stampa, tranne alcuni giornalisti embedded che seguono i marines non è stata fatta entrare in città? Perché mai gli oltre 250.000 abitanti di Falluja, fuggiti nel deserto, nei paesi vicini o verso la periferia di Baghdad, dove vivono in condizioni subumane, non vengono fatti tornare alle loro case? E' talmente sconvolgente quel che è avvenuto in questa cittadina sunnita di 300.000 abitanti, a ovest di Baghdad, da dover essere nascosto agli occhi degli iracheni e del mondo? Cosa nascondono i comandi Usa?


Dove sono gli intellettuali che manifestarono contro la guerra?


Fallujah, citta’ martire, uno specchio dove dobbiamo guardarci


di Stella Calloni*


Estratto e trad. a cura di CCDP

In nome della lotta contro il terrorismo, della “democrazia” instaurata col ferro e col fuoco, il potere terroristico mondiale, che supera già abbondantemente le “imprese” belliche dei nazismi, ha provocato in pochi giorni migliaia di morti a Fallujah, e più di 100 mila nell’intero paese, a partire dall’invasione “salvatrice”. (...)
Ogni alba mi domando se nel mondo gli esseri umani, davvero umani, possono dormire in pace con la loro coscienza, mentre contro un intero popolo è in corso un genocidio raccontato dalla TV. È lo spettacolo dove si filmano gli attaccanti, le bombe che cadono, lo splendore dei missili, ma i morti non si vedono, anche se sappiamo tutti che a Fallujah ce ne sono migliaia seppelliti sotto le macerie.
Nella città martire ci siamo tutti. È lo specchio dove dobbiamo guardarci. (...).
Il piano di sterminio di massa si chiama “Furia fantasma”, è destinato ad eliminare il minimo vestigio di resistenza popolare, perché si è avuta la resistenza di un popolo a Fallujah e in tutto l’Iraq, un popolo bombardato per 12 anni prima dell’invasione ed occupazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
Bisognerebbe domandarsi: se un popolo sta lottando con forze impari, contro la maggiore potenza mondiale di tutti i tempi, perché non poté liberarsi di un dittatore tanto temibile, come dicono fosse Saddam Hussein? Non è almeno strano?
Quel paese iracheno invaso, massacrato e vilipeso, non ha smesso di resistere né un giorno né un’ora.
Di quanti morti ha bisogno il mondo per fermare l’offensiva dell’impero?
Il 5 novembre scorso, all’inizio dei bombardamenti, l’ospedale generale è stato distrutto dalle bombe, insieme con un deposito di medicine e a decine di case. E dopo l'orrore si è esteso a tutti i quartieri. Nessuno può contare le migliaia di morti, perché benché esista un disastro umanitario, non lasciano portare nessun aiuto, né acqua né cibo, né luce, né soccorsi medici.
In realtà l’Iraq è tutto un campo di concentramento per una popolazione prigioniera.
Mentre ognuno di noi è preso dai suoi piccoli compiti quotidiani, lì ci sono migliaia di bambini che stanno morendo di fronte ad un cielo grigio per il fumo delle bombe, senza nessun aiuto, senza nessun soccorso. E’ quello che chiamano “instaurazione della democrazia”, è ciò che chiamano “liberazione dell’Iraq.”
Dove sono i milioni di persone che uscirono per le strade a protestare contro la guerra quando cominciò l’invasione illegale di quel paese, ora che continuano ad assassinare il seme del mondo in quelle migliaia e migliaia di bambini bombardati in Iraq?
Lasceranno avanzare i nuovi nazisti per le frontiere “sicure” illimitate di cui il potere statunitense ha bisogno per imporre la pace americana?
Mentre migliaia muoiono a Fallujah, gli intellettuali « rabboniti » o «addomesticati » dagli incantesimi del potere mondiale, non hanno detto una sola parola.
E gli invasori promettono molto più. Il capo dello Stato Maggiore Unito, generale Richard Myers, dice che si farà la stessa cosa in altre città. Non lasceranno pietra su pietra?
La scrittrice canadese Naomí Klein ha scritto recentemente di come si è smascherata la cruda immoralità dell’invasione ed occupazione dell’Iraq.
“Il 21 ottobre quel popolo pagò 200 milioni di dollari per riparazioni di guerra ad alcuni dei paesi ed imprese più ricchi del mondo. Da quando Saddam Hussein fu abbattuto nell’aprile del 2003, l’Iraq ha pagato 1.8 mila milioni in compensazioni alla Commissione di Compensazioni dell'ONU (CCNU) - con sede a Ginevra - che valuta i richiami e sborsa quei capitali.
Scrive inoltre che di questi pagamenti, 37 milioni di dollari furono per Gran Bretagna e 32.8 milioni agli Stati Uniti. Pertanto negli scorsi 18 mesi gli occupanti dell’Iraq hanno raccolto 69.8 milioni di dollari a titolo di pagamenti compensatori dalla disperata popolazione irachena.
E peggio ancora: la maggior parte di questi pagamenti -78 per cento - ebbe come destinazione imprese multinazionali, secondo le statistiche del sito Internet della Commissione.
Questo è successo per anni, lontano dallo sguardo dei media Dell’importo totale che la CCNU ha concesso in compensazioni per la Guerra del Golfo, 21.5 mila milioni di dollari andarono all’industria petrolifera.”
Klein fa una lista, come piccolo esempio, di chi ha ricevuto dall’Iraq compensazioni per “riparazioni”: Halliburton, 18 milioni di dollari, Bechtel, 7 milioni di dollari, Mobil, 2.3 milioni di dollari, Shell, 1.6 milioni di dollari, Nestlé, 2.6 milioni di dollari, Pepsi, 3.8 milioni di dollari, Philip Morris, 1.3 milioni di dollari, Sheraton, 11 milioni di dollari, Kentucky Fried Chicken, 321 mila dollari.
E più avanti aggiunge che “Nella gran maggioranza dei casi, queste imprese non reclamarono che le forze di Saddam avessero danneggiato la loro proprietà in Kuwait, bensì semplicemente che “persero guadagni” o - come nel caso di American Express - che vissero “una flessione nel loro commercio” dovuto all'invasione ed occupazione del Kuwait. Uno dei grandi vincitori fu Texaco, alla quale concessero US $ 505 milioni nel 1999. ” (..)
Sarà possibile descrivere con maggiore precisione l’orrore di quello che sta succedendo in Iraq?

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(*) Giornalista, corrispondente del diario La Giornata, di Messico e Stampa Latina
Una testimonianza in diretta




Sotto i missili “Ho visto il feto uscire dal suo corpo, ma non ci sono mai stati combattenti nella nostra zona"


di Dahr Jamail (trad. di C.Panzera, Associazione PeaceLink)


Piange mentre ci racconta la storia, la tunica che sta indossando non riesce a nascondere il tremore del suo corpo e ondate di dolore la invadono. ''Non posso togliermi dalla mente la visione del suo feto fuoriuscito dal suo corpo.'' Artica, la sorella di Muna Salim, era incinta di sette mesi quando due missili sganciati dagli aerei di guerra statunitensi si sono abbattute sulla loro casa a Fallujah lo scorso primo novembre. ''Siamo sopravissute solo io e mia sorella Selma perché quella notte eravamo dai nostri vicini,'' continua Muna incapace di riconciliare la sua sopravvivenza mentre otto membri della sua famiglia sono deceduti durante i bombardamenti precedenti l'assalto di Fallujah che si sono protatti per settimane.
Anche Khalid, uno dei suoi fratelli, è deceduto nell'attacco e ha lasciato moglie e cinque figli.
''Non c'erano combattenti nella nostra zona, non so perché hanno bombardato casa nostra,'' dice Muna. ''Quando è iniziato c'erano assalti da tutte le parti, dall'aria e dai carri armati all'interno della città, quindi abbiamo lasciato Fallujah dalla parte orientale e siamo arrivate a Baghdad.''
Selma, la sorella 41enne di Muna, ha raccontato di scene terribili all'interno della città diventata il centro della resistenza irachena negli ultimi mesi. Descrive di case che sono state rase al suolo da innumerevoli attacchi aerei, dove il fetore di corpi in decomposizione avvolge la città nell'aria secca e polverosa.
''Le case bombardate sono crollate e hanno coperto i corpi dei morti e nessuno può recuperarli perchè la gente ha troppa paura per guidare un bulldozer,'' spiega agitando le mani nell'aria.
''Per la gente di Fallujah è impossibile uscire anche per la strada per paura dei cecchini.”
Entrambe le sorelle descrivono dell'esistenza notturna all'interno della città dove i combattenti controllano molte zone, cibo e medicine erano spesso esaurite e il continuo rimbombo delle bombe statunitensi erano diventate una realtà quotidiana.
Anche l'acqua veniva fornita a scatti e l'elettricità una rarità. Come molte famiglie nascoste all'interno di Fallujah facevano funzionare un piccolo generatore quando riuscivano ad approvvigionare del carburante.
“Anche se le bombe cadevano lontano, i bicchieri cadevano dalle mensole e si rompevano,” dice Muna. “Nessuno di noi poteva dormire di notte, dormire di notte era pericoloso.”
Mentre a mezza giornata si usciva da casa per andare al mercato a cercare del cibo, la sorella riferisce che si sentivano terrorizzate dagli aerei statunitensi, che spesso volavano sopra la città. “I jet volavano così spesso,” dice Selma, “ma non sapevamo mai quando avrebbero sganciato il loro carico micidiale.” Le donne descrivono scene di negozi chiusi, strade per lo più vuote e cittadini terrorizzati che vagano per la città non sapendo cosa fare.

“Fallujah era come una città fantasma per la maggior parte del tempo,” descrive Muna. “La maggior parte delle famiglie stavano richiuse dentro casa per tutto il tempo, uscendo solo per andare a cercare del cibo.”
I tank attaccavano le periferie della città cercavano i combattenti della resistenza aggiungendo caos e agitazione. Gli elicotteri d'attacco volavano radenti sul deserto dove terrorizzavano incrociando sopra la città e sparando missili sul centro.
Mentre raccontavano la traumatica esperienza della loro famiglia di queste ultime settimane, dalla casa del loro zio a Baghdad, ognuna delle due sorelle si bloccava spesso, fissando il pavimento, perse nelle immagini che stavano raccontando prima di aggiungere altre immagini.
La loro madre 65enne, Hadima, è stata uccisa durante il bombardamento, come il fratello Khalid, che era capitano della polizia irachena. Sono morte anche la sorella Ka'ahla e la figlia 22enne.
“La nostra situazione è simile a quella di molti altri a Fallujah, ” dice Selma, continuando la sua voce era in realtà senza emozioni. I mesi passati vissuti nel terrore sono impressi sul suo viso.
“Così tante persone non hanno potuto lasciare la propria casa perché non avevano un luogo dove andare e neanche un soldo.”
Adhra'a, un'altra delle loro sorelle, e Samr, marito di Artica, erano tra le vittime. Samr era dottore in teologia. Artica e Samr avevano un figlio di quattro anni, Amorad, che è morto con i suoi fratelli e il suo fratellino o sorellina mai nati.
Le due sorelle sono riuscite a lasciare la città dalla zona orientale, facendo ben attenzione ad addentrarsi attraverso il cordone militare statunitense che per la maggior parte circonda la città. Quando se ne sono andate sono state testimoni dell'assalto della città da parte degli aerei e dei tank statunitensi.
“Perché è stata bombardata la nostra famiglia?” implora Muna, le lacrime scendono sulle sue guance, “Non ci sono mai stati combattenti nella nostra zona.”




I media tendono ad insabbiare i crimini di guerra


di Michel Chossudovsky, www.globalresearch.ca -

L’esercito degli Stati Uniti ha dichiarato che “sta esaminando a fondo il fatto del marine USA che ha colpito a morte a bruciapelo un rivoltoso Iracheno ferito”, in una moschea di Fallujah. L’incidente è stato registrato su video da un cameraman di NBC News.
Il video mostra che i Marines entrano nella moschea, dove diversi combattenti feriti o morti stanno sdraiati sul pavimento. Quando uno dei Marines si avvicina al corpo di un uomo bocconi a terra, si può sentirlo dire,”Quello non è morto, finge di essere morto.” Allora si sente un colpo di fucile e la voce che afferma,”Ora è morto!” .
Il video della fucilazione è stato messo in onda dalle reti televisive negli USA e in tutto il mondo. Il documento vuole dare l’impressione che questo sia stato un “avvenimento isolato”, che non riflette in alcun modo le modalità di intervento dell’esercito USA in Iraq. Si afferma che la fucilazione è avvenuta come un caso fortuito, e in seguito al fatto che “un marine della stessa unità era stato ucciso proprio il giorno prima, quando si era diretto verso il corpo morto di un rivoltoso, predisposto a trappola esplosiva.”
Portare a conoscenza ed aprire un’inchiesta su questo evento “singolo” di un prigioniero di guerra ammazzato innocente fa parte di una campagna di propaganda. Si indirizza l’opinione pubblica a credere che nessun altro sia stato arbitrariamente colpito, che i Marines sono soggetti ad un preciso codice di comportamento e che i prigionieri di guerra vengono trattati umanamente secondo la Convenzione di Ginevra.
“In un conflitto armato, noi seguiamo le norme di legge e noi stessi ci imponiamo un livello alto di responsabilità,” ha dichiarato il Generale di corpo di armata John F. Sattler, Generale Comandante del I Corpo di Spedizione di Marine.
“I fatti di questo tipo saranno sottoposti a stretta inchiesta per emettere un giudizio informato e per proteggere i diritti di tutte le persone coinvolte.”
Inutile dire, l’incidente è presentato dai mezzi di informazione fuori dal contesto. Silenzio assordante: diverse migliaia di persone, uomini, donne, bambini sono stati ammazzati a Fallujah dalle truppe degli USA. Questi morti non sono oggetto di inchiesta e nemmeno vengono riportati dai media Occidentali.
Più generalmente, il focus attentivo su eventi isolati, ripresi da qualche cameraman integrato con le forze armate (embedded), che possono essere presentati alla TV, in questo caso viene coinvolto un singolo Marine, serve da copertura conveniente dei crimini di guerra e delle atrocità ben più orrende, ordinate dall’Alto Comando dell’Esercito Statunitense.
In altri termini, l’insieme propagandistico così può essere ben messo in evidenza:
* Un Marine USA ha sparato ad un rivoltoso ferito.
* Allora, la storia viene data in pasto alla catena informativa, con l’intento di distrarre la pubblica opinione dal tema ben più importante e largo dei crimini di guerra.
* L’avvenimento genera indignazione.
* Il fatto viene presentato come un atto individuale commesso da un solo Marine, che però è stato arrestato e sul quale pende un’inchiesta.
In definitiva, l’attenzione dei media su “incidenti” che violano le “leggi che regolano i conflitti armati” impediscono le accuse a più ampio raggio di crimini di guerra rivolte contro il governo e l’esercito degli Stati Uniti, secondo le clausole della Carta di Norimberga.
“La distruzione di Fallujah procede velocemente. L’articolo 6(b) della Carta di Norimberga del 1945 definisce come Crimine di Guerra in parte attinente la “…distruzione indiscriminata di centri urbani, città o villaggi…” Secondo questa definizione decisiva, la distruzione di Fallujah da parte dell’Amministrazione Bush Jr.costituisce un crimine di guerra, per il quale dei Nazisti sono stati condannati e giustiziati.”



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di Mer, 9 nov 2005